Amici Comit News - giugno 2014

 

    Vittorio Corna promotore della collezione d’arte della Banca   
   Commerciale Italiana tra la fine degli anni ’40 e gli ‘80 

   dalla tesi di laurea di Rosanna Schiattone - Milano   


 

Intervista al Dott. Giorgio Ferretti, raccolta presso l’Archivio Storico del Gruppo Intesa

Sanpaolo, a Milano, via Morone, 3, in data 14 febbraio 2014, in presenza del Dr. Guido

Montanari, coordinatore del patrimonio archivistico della Banca Commerciale Italiana,

presso l’Archivio Storico Intesa Sanpaolo.

 

L’assunto della mia ricerca è che il collezionismo artistico in Comit si sia potuto realizzare nel contesto favorito dalla guida di Raffaele Mattioli, che ha svolto l’attività di banchiere senza

disgiungerla da quella di promotore di attività artistiche e culturali. In un ambito professionale così caratterizzato, Vittorio Corna ha potuto conciliare il suo ruolo dirigenziale come Capo del Personale con la ricerca storica e critica che ha intrapreso in campo artistico già all’inizio degli anni ’50. Attraverso l’attenzione, la registrazione, la documentazione e la rielaborazione meticolosa di eventi,

tendenze, movimenti, autori, tra i più innovativi tra l’inizio degli anni ‘50 e la fine degli ’80, Vittorio Corna ha iniziato a costituire il grande patrimonio di artisti italiani contemporanei della Comit, continuato dall’attività di Giorgio Ferretti. Il Dott. Ferretti è subentrato a Vittorio Corna nelle funzioni di Capo del Personale e di responsabile delle collezioni d’arte della Banca Commerciale Italiana.

E’ a conoscenza di come Vittorio Corna iniziò la sua attività legata alla critica artistica e al collezionismo, nel suo ruolo di Capo del Personale alla Comit?

Vittorio Corna è cresciuto nell’ambiente di Viareggio con un gruppo di amici e studenti che ha avuto un ruolo importante nella sua formazione. Già da ragazzo si era appassionato all’arte e prima di entrare nell’ambiente bancario frequentava le gallerie alla ricerca di opere che suscitassero il suo interesse.

Entrando in Comit ha confermato le sue caratteristiche intellettuali di sensibilità e attenzione al mondo dell’arte, e chi lavorava con lui ha iniziato ad aiutarlo in questo ambito. L’interesse in Comit per l’arte e la cultura sono sempre esistiti sin dall’inizio della vita della Banca, ma sono sostanzialmente progrediti grazie all’apporto del Presidente dott. Raffaele Mattioli, che è stato fondamentale per la promozione di iniziative straordinarie. 350

Quando ha conosciuto Vittorio Corna? Avete avuto una frequentazione personale?

Sì, abbiamo avuto una frequentazione costante. Io sono entrato in Comit alla filiale di Bergamo, dove ho lavorato un anno, poi sono passato a Milano, alla Direzione Centrale, dove appunto ho

conosciuto Vittorio Corna che allora era il n° 3 del Servizio Personale. Ero chiamato con frequenza a colloquio nel suo ufficio in Banca e, in qualche particolare circostanza, a casa sua.

Come nasce, dott. Ferretti, il suo amore per l’arte?

La mia passione per l’arte nasce all’interno della mia famiglia. Mio padre era un funzionario della Cassa di Risparmio di Parma, ma mancò quando avevo cinque anni. Fui perciò allevato solo da mia madre che era donna di grande temperamento, titolare della cattedra di arpa al Conservatorio di

Parma e grande concertista. Ho trascorso molte sere della mia fanciullezza al Teatro Regio, dove assistevo alle prove e alle recite delle opere liriche. Ho potuto coltivare così la passione per la musica (e anche per la cucina … a quei tempi infatti, non si usava andare al ristorante e la servitù, nei retropalchi, si occupava dell’organizzazione della cena che si consumava tra il secondo e il terzo atto). I miei genitori non erano particolarmente interessati all’arte figurativa, ma la curiosità per l’opera, in cui musica e scenografia si sposavano, mi avevano indotto a seguire anche pittura e scultura, che poi, fatto adulto, ho coltivato con mia moglie, con la quale curiamo una piccola

collezione privata. Con Vittorio Corna, come ho detto, ho avuto una frequentazione costante. Quando andò in pensione mi fu affidata dal Presidente della Banca Enrico Braggiotti, la cura e la

sistematizzazione delle opere d’arte dislocate nelle varie filiali e rappresentanze della Comit in Italia e all’estero. Ho seguito personalmente anche i cataloghi che illustrano le singole correnti all’interno della collezione, affidando i testi a critici milanesi e non. Mi sono occupato inoltre di arricchire le raccolte con opere di contesti artistici importanti che mancavano (come, ad esempio, quello dell’arte concreta, il M.A.C.) e con quelle di giovani artisti emergenti, delle ultime

leve. Le collezioni della Comit, esposte nei luoghi di lavoro della Banca, in Italia e all’estero, tendevano ad offrire una panoramica per quanto possibile organica di alcuni aspetti, per un verso o per l’altro ritenuti meritevoli di specifico interesse, dell’arte italiana del dopoguerra, mettendo a fuoco le connotazioni d’insieme di ciascuno dei contesti considerati. Il mio lavoro, a partire dagli

anni 1985-86, si è sviluppato anche in una serie di esposizioni periodiche delle opere di proprietà della Banca nelle principali Filiali secondo un “Comit progetto arte” di cui avevo fatto depositare e registrare il marchio (l’iniziativa aveva avuto un grosso gradimento nella clientela, con importante rilievo nella stampa), teso alla fruibilità delle collezioni artistiche attraverso la cura di cataloghi

monografici.

Sa se vi erano rapporti tra Raffaele Mattioli e Vittorio Corna, sugli aspetti della promozione del collezionismo della Banca? Avevano una frequentazione personale?

Sì. Vittorio Corna e Raffaele Mattioli si frequentavano, sia per questioni legate al lavoro, sia nel “cenacolo” ristretto che Mattioli teneva la sera nel suo ufficio e spesso anche a casa sua. Fra i due vi era una dimestichezza direi affettuosa. Corna ogni tanto riceveva dal Presidente qualche quadro dell’Ottocento, anche se quel periodo non rientrava nelle sue corde. Mattioli non aveva coltivato in

modo specifico l’arte figurativa, i suoi rapporti erano “compositi”, e riguardavano, ad esempio, artisti come Gigiotti Zanini, De Finetti, Boccioni, Zandomeneghi, Semeghini, Manzù, letterati come Bacchelli, Montale, Longhi, Isella, Contini, Croce, Soldati, giornalisti come Scalfari.

Vittorio Corna ha avuto una stretta collaborazione con Giorgio Marconi e il suo Studio; con il Mercato del Sale di Ugo Carrega; con lo Studio Santandrea di Bellora, con Francesco Vincitorio, sul cui periodico NAC - Notiziario di Arte Contemporanea, ha fatto alcuni interventi sui temi di discussione che la rivista proponeva.

Quale ruolo aveva Corna nell’ambiente artistico milanese? Può nominare anche altre gallerie, artisti o critici cui Corna era legato?

Francesco Vincitorio era anche un funzionario del Credito Italiano, ci siamo trovati a Roma, assieme a Vittorio Corna, in occasione di incontri di lavoro nella Associazione sindacale fra le

aziende di credito (Assicredito, di cui sarei poi diventato Vice Presidente).

Vittorio Corna ha avuto un ruolo importante nel mondo artistico milanese, e non solo. Quando si spostava i titolari delle gallerie erano attenti, perché conoscevano il suo ruolo e la sua competenza. Nelle contrattazioni, poi, Vittorio Corna si destreggiava bene, riuscendo ad acquistare opere d’arte a

prezzi convenienti.

Nella nascita dell’attività collezionistica della Comit si può distinguere una fase iniziale in cui non veniva seguito un disegno organico, da quella successiva, dalla metà degli anni sessanta in poi, quando Vittorio Corna acquisisce opere di correnti, movimenti, periodi artistici per far sì

che la collezione rappresenti in modo sufficientemente ampio l’arte italiana dal dopoguerra in poi. Può dire se fu dovuta unicamente a Vittorio Corna questa impostazione della collezione?

Sì, fu dovuta a lui ed era autorizzata e condivisa dal Presidente e dagli Amministratori Delegati.

Le è capitato di raccogliere commenti sul modo in cui i dipendenti della Comit recepivano le opere d’arte contemporanee che arredavano gli ambienti di lavoro della Banca?

Il personale era dapprima un po’ sorpreso, in qualche misura. Ma poi si lasciava coinvolgere con grande interesse. Nel “Comit progetto arte”, che avevo avviato, questo era uno degli aspetti fondamentali. Come ho già detto, esso prevedeva l’esposizione delle collezioni nelle principali Filiali; nella preparazione degli eventi il personale partecipava e alla fine palesava una bella dose di entusiasmo. Io stesso aiutavo materialmente ad allestire.

Vittorio Corna è stato impegnato per circa quarant’anni nell’attività di studio e  documentazione legata all’attività collezionistica, parallelamente al suo ruolo in Comit.

Come conciliava, secondo lei, queste differenti impegni, portati avanti poi da Lei?

Vittorio Corna dedicava alle attività di documentazione e critica la sera, il sabato e la domenica. Aveva due segretarie che lo aiutavano nella sistemazione della documentazione legata all’attività

artistica. Quando andò in pensione vi si dedicò a tempo pieno.

Nella storia della Comit sono stati rilevanti gli apporti dati da singole personalità, tra cui Raffaele Mattioli, Antonello Gerbi, Vittorio Corna, e Lei stesso, Giorgio Ferretti, la cui passione verso l’arte e la cultura erano inscindibili con il proprio ruolo professionale. E’ ancora proponibile oggi conciliare creatività, cultura con i saperi tecnici legati alla pratica

professionale?

Oggi c’è un profilo diverso, meno individuale e più “strutturato”. So, per esempio, che prima gli appassionati d’arte si affidavano a critici. Il Gruppo Intesa Sanpaolo in cui la Comit è confluita, per la cura del settore arte si è dotata di un Servizio “Beni archeologici e storico-artistici”, cui è preposto il dr. Andrea Massari, mentre le iniziative espositive sono seguite dal prof. Francesco Tedeschi della “Cattolica”.

Secondo lei sussistono ancora condizioni e motivazioni per un mecenatismo culturale e artistico? Cosa è cambiato oggi rispetto ai tempi della Comit?

Alla prima domanda va risposto affermativamente, senza alcuna esitazione. Basta vedere il successo che riscuotono le “Gallerie d’Italia” in via Manzoni e il “Cantiere del ‘900” in Piazza Scala a Milano, che Banca Intesa Sanpaolo ha allestito nei palazzi ex Comit, e il numero di persone che li

visitano; basta seguire il “ritorno” delle iniziative della stessa Banca nel programma “Restituzioni”, per il ripristino del patrimonio artistico nazionale ammalorato. Rispetto ai tempi Comit è cambiato il “sistema”, da un lato non più affidato alla sensibilità dei singoli, ma organizzato in un programma

stabile e di lungo respiro, dall’altro non so quanto indirizzato all’incentivazione – mediante acquisizioni – delle giovani leve artistiche o quanto più inteso al recupero delle opere d’arte proprie o appartenenti ad organismi pubblici.

Può fare un breve ritratto di Vittorio Corna legato alla quotidianità? (Come era il suo carattere, se praticava hobby, cosa gli piaceva mangiare, se gli piaceva viaggiare)

Corna era un uomo spiritoso, talora sardonico, di estrema intelligenza e generosità, che non faceva pesare il suo “ruolo”, viaggiava abbastanza, era amante del cibo e del buon vino, con moderazione; con me aveva un atteggiamento di comprensione e di stima, ed in fondo di affetto.

Può dire qualcosa sul suo legame con i famigliari stretti: la moglie Venezia Aurora, la figlia Maria Laura e la nipote Elena?

La moglie era una donna vivace e salace. La figlia era intelligente e appassionata anch’essa d’arte. La nipote, che lui adorava, l’ho conosciuta solo episodicamente, dopo la morte del nonno.

Si dice che Vittorio Corna fosse vicino politicamente al P.C.I., nonostante rivestisse negli anni caldi (1968) il ruolo di “controparte” nelle contrattazioni, in quanto Direttore Centrale del Servizio del Personale.

Giorgio Marconi mi ha raccontato un aneddoto sulle prove di resistenza che egli ingaggiava durante contrattazioni sindacali che continuavano a volte per tutta la notte. Può confermare un’appartenenza politica a sinistra di Vittorio Corna e in questo caso come era vissuta da lui nell’espletamento del suo ruolo in Banca?

Vittorio Corna non si è mai coinvolto nella politica. Era certo nutrito di idee di sinistra ma era impermeabile a compromissioni. Nelle trattative sindacali per i rinnovi contrattuali aziendali, cui ho

spesso partecipato al suo fianco, seguiva una linea decisa, anche dura: a un certo punto mi chiedeva di continuare al suo posto e, devo dire, non ho mai avuto osservazioni per le conclusioni degli

incontri (che puntualmente gli riferivo).

Per Corna i sindacati aziendali non erano uno dei nemici, ne conosceva da tempo i rappresentanti e da uomo intelligente e responsabile ragionava con loro sulle questioni e alla fine il dialogo e il

confronto portava a risultati soddisfacenti per entrambe le parti.

Vittorio Corna ha frequentato nel primo quinquennio degli anni Trenta il liceo classico “Giosué Carducci” di Viareggio, da cui, negli anni immediatamente successivi, sono usciti

ragazzi che si sono legati alla Resistenza partigiana nella Versilia. Le risulta che Vittorio Corna possa avere avuto un ruolo di fiancheggiatore nella Resistenza?

Non so nulla al riguardo.

La famiglia di origine di Vittorio Corna si è spostata molto. Il padre Ettore Michele era nato a Torremaggiore (Foggia), dove risiedeva il nonno Silvestro Guglielmo, di professione contabile, con la moglie, pur essendo nato nel bergamasco. Il padre Ettore tornerà nel bergamasco, e nel 1915, anno del suo matrimonio risulta essere ingegnere e risiede a Grumello del Piano, in provincia di Bergamo. Sposa Biroli Maria di Brignano Gera d’Adda (BG), dove risiederanno. Con l’inizio del primo conflitto mondiale la coppia si trasferirà ad Albino (BG), dove nel 1916 nascerà Vittorio, e dove il padre, che non partecipa alla guerra, dirigerà uno stabilimento di fabbricazione di proiettili. Poco dopo la guerra la famiglia si trasferirà in varie province della Toscana (Camaiore, Castiglioncello, Rosignano Marittimo, Viareggio, Bolano). Il periodo residenza a Viareggio fu il più lungo per la famiglia (dal 1928 al 1947 per quanto riguarda i genitori, perché Vittorio nel marzo del 1940 si trasferirà a Milano essendo stato assunto alla Comit). Nel periodo di Viareggio, dal 1931 al 1934, il padre Ettore Corna sarà nominato podestà nel vicino comune di Massarosa. I documenti di nomina a Podestà, riportano che l’ing. Ettore Michele Corna, che risultava avere vasti possedimenti a Viareggio, era iscritto al PNF dal novembre 1922. Le ha mai parlato Vittorio Corna di suo padre, dei suoi rapporti con lui, o della madre Biroli Maria?

No, mai.

Vittorio Corna tornava spesso a Viareggio? Aveva un legame particolare con la città in cui visse durante gli anni del liceo, dell’Università a Pisa alla facoltà di Giurisprudenza e dove, nel 1942, si sposò?

Aveva a Viareggio un piccolo appartamento vista-mare. Vi ritornava spesso. Credo che dopo la morte sua, della moglie e della figlia, la nipote l’abbia venduto.

Che ricordo ha dell’ultimo periodo della sua esistenza? (questa domanda è stata aggiunta personalmente dal dottor Giorgio Ferretti)

Era malato gravemente. Ogni tanto veniva nel mio ufficio, che era stato il suo, si guardava attorno rimirando i quadri appesi alle pareti, mi chiedeva delle novità (sempre e solo in materia artistica) e mi raccontava di ciò che faceva per la sua splendida raccolta personale, che stava esitando un poco alla volta, perché Vittorio Corna vendette tutta la sua collezione, salvo una parte, riguardante la "Nuova scrittura", che donò per intero alla Banca. L’ultima visita è stata struggente. Ci siamo

abbracciati ed eravamo entrambi commossi. Io, senza parole. Dopo alcuni giorni mi arrivò in dono un piccolo quadro di Dorazio, con un suo biglietto affettuosissimo. Sono stato onorato di aver potuto pronunciare, su invito del mio Presidente, al cimitero, un breve, improvvisato discorso in suo onore, in onore di un uomo che per me è stato un prezioso, insostituito maestro.

 

 

350 Da La Comit e la cultura, intervento tenuto da G. Ferretti al Teatro Marruncino di Chieti il 22 febbraio 1994: “(…) Mattioli fu letterato, umanista, propulsore di cultura prima che uomo di banca e di affari, asserendo anzi che dall’umanesimo derivava la propria competenza tecnica. Abruzzese, non poté non mirare ai soli superstiti classici del suo secolo, che erano entrambi della sua terra: D’Annunzio e Croce. E da quest’ultimo, quasi nella sua insegna, iniziò la

collana dei nostri scrittori (“Letteratura italiana: storia e testi”) che da anni si denomina ormai “Ricciardiana”, risultando dal rilancio e dal potenziamento della casa editrice Riccardo Ricciardi. Da Croce ereditò poi il compito di guidare l’Istituto Italiano di Studi Storici, che per anni ha assolto la funzione di perfezionare giovani studiosi di storia e di discipline umanistiche. (…)

Sentiva la necessità di un possesso sicuro della cultura del passato, per avere il senso pratico della storia; dunque per sapere sino in fondo da dove veniamo e chi siamo, per meglio operare nel presente e nella prospettiva. Così si spiega, tra l’altro, l’iniziativa, straordinaria, assunta a suo tempo con la casa editrice Electa per la pubblicazione di volumi che illustrassero tutte le raccolte d’arte pubbliche esistenti nella città di Milano. Alla fine di questa attività di ricerca e di

approfondimento, la Comit sarà l’unica istituzione ad aver documentato tutto il patrimonio artistico della città in cui è nata ed ha tuttora la propria sede sociale e la maggiore concentrazione operativa rispetto al resto del Paese. (…)

All’epoca d’anteguerra risalgono gli acquisti di alcune splendide tele di Caspar Van Wittel (padre del Vanvitgelli), di una straordinaria incisione raffigurante una veduta della città di Napoli, opera seicentesca del Baratta, di tavole della

scuola del Francia e del Tintoretto, di molti artisti della fine Ottocento e della prima parte del Novecento. Agli anni cinquanta si deve ascrivere un’altra importante tappa delle raccolte della Comit; un olio, acquistato da un privato come

opera della scuola di Mattia Preti, viene successivamente analizzato e studiato da un gruppo di esperti, tra cui Mina Gregori, e attribuito senza ombra di dubbio all’arte del Caravaggio. Il “Martirio di S. Orsola” è uno degli ultimi dipinti del maestro prima della sua morte, dicono oggi, unanimi, gli studiosi, ed è esposto – inamovibile, purtroppo, data la sua delicatezza – presso la nostra Filiale di Napoli. (…)”

 

 

 

 

 

Segnala questa pagina ad un amico




 

 

Amici Comit News - giugno 2014