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Il Natale di “sa coga” (Il Natale della
strega)
breve racconto di Antonio Annunziata
Nel piccolo paesino
arrampicato alle pendici del Gennargentu l’ultima casa là dove il letto del
fiume “Mortu” si biforca, fatta di mattoni scuri e con il comignolo sempre
acceso, era da evitare.
I vecchi dicevano che era abitata da una coga (una strega) capace di
trasformare gli esseri umani in animali mostruosi. Capace lei stessa, nelle
notti di luna piena, di assumere le sembianze di un vampiro per succhiare il
sangue delle giovinette.
Era la casa della coga Teresa, una vecchina piccola, scura di capelli e di
carnagione, vestita sempre di nero sia nei mesi invernali che in quelli
estivi. Durante il giorno non la si vedeva mai girare per il paese.
Solitamente erano le donne ad andarla a trovare per ordinarle filtri d’amore
che la vecchina stessa preparava con intrugli di erbe di campo che non si
faceva pagare in denaro, ma barattava i suoi filtri ricevendo uova,
conigli, polli e verdure.
In paese raccontavano che fu la madre di Teresa a trasformarsi in strega
dopo che per amore aveva ucciso la sua rivale e ne aveva mangiato il cuore.
Si chiamava Adele ed era una splendida donna dal profondo fascino.
Seppur bellissima era destinata a diventare strega perché era nata il 24
dicembre a mezzanotte, ed era la settima figlia di una famiglia perbene
venuta tanti e tanti anni fa al seguito del capostipite – conosciuto come
Tiu Mannu – il quale,non appena promosso al grado di maresciallo dei
carabinieri, venne a stabilirsi nel paese per comandare la locale stazione
della benemerita Arma.
Adele era una ragazza di diciotto anni, bionda, con occhi color del mare,
alta e ben proporzionata. Di lei s’innamorò subito Paolo, un giovanotto che
faceva il fornaio del paese. Fu un amore travolgente che i due giovani
riuscirono a tenere segreto fin quando non venne a scoprirlo la cugina di
Paolo, Serenella che, gelosa e piena di invidia per la coppia, corse a
rivelarlo ai genitori di entrambi “soddisfatta” di seminare zizzania fra
loro che pure mal si sopportavano e non si vedevano di buon occhio a causa
di contrasti e rancori per motivi di confini terrieri.
Fu così che il povero Paolo fu costretto ad arruolarsi nella gloriosa
Brigata Sassari. Erano gli anni della “Grande Guerra” e lui, Paolo, come
tanti altri poveri e sfortunati ragazzi fu mandato al fronte a morire per
il bene della Patria.
Adele pianse la sua morte per sette giorni e sette notti. In paese tutti
sentirono il suo interrotto lamento, e tutti pregarono che quello strazio
avesse fine presto. Fu una mattina di una primavera inoltrata che Adele e la
perfida Serenella casualmente si trovassero l’una di fronte all’altra
sulla via che dal paese portava al torrente dove le donne facevano il
bucato.
Fu con uno spillone che le aveva regalato la nonna che Adele colpì Serenella
trafiggendole il cuore di cui si sarebbe saziata dopo averlo cucinato a
fuoco lento.
Raccontano che quando fu trovato il corpo di Serenella da cui era stato
asportato dal petto il cuore, subito nel paese la gente, senza porsi dubbi,
additò la giovane Adele come l’ assassina.
Fu il padre della ragazza – sebbene fosse al servizio della legge – ad
agevolarne la fuga affinché potesse nascondersi e trovare riparo in una
delle numerose grotte ai piedi delle montagne della zona. E in una di
queste grotte la giovane partorì una figlia – Teresa appunto – che come
tutte le brusce (cioè streghe dallo splendido corpo) allevò come fa una
attenta e amorevole madre durante il giorno, mentre di notte assumeva le
sembianze di una terribile succhiatrice di sangue umano. Catturata quando la
figlia che aveva generato aveva appena tre anni, fu linciata e arsa viva
sulla pubblica piazza.
Teresa oggi avrebbe una ottantina di anni. La gente del paese non ricorda
più che aspetto avesse da bambina o da ragazza in quanto i nonni la
tennero sempre chiusa in casa non permettendole mai di uscire, impedendole
anche di andare a scuola, e in chiesa.
Teresa era temuta da giovani e vecchi. Dicono che la Vigilia di Natale,
giorno del suo compleanno, avessero l’abitudine di mandarle i ragazzi più
“discoli” del paese per insultarla e per tirare pietre contro la sua porta.
Per la credenza popolare ciò avrebbe tenuto lontano malattie e disgrazie.
Fu alla Vigilia del Natale di venti anni fa che il piccolo Fausto, figlio
del farmacista, che tutti in paese stimavano per la sua bontà e generosità,
volle andare a trovare la strega.
Era un bambino di dieci anni il piccolo Fausto. Era magro come un grissino,
gli occhi neri e tondi e una massa di capelli in testa ricci di colore rosso
acceso.
Avvolto nel suo cappottino di caldo panno, si procurò una decina di
melagrane che pose in un cesto di vimini.
“Queste le regalerò alla vecchia” disse all’amico del cuore Peppe che,
come tutti gli altri compagni di scuola, cercò di dissuaderlo di andare a
casa della coga.
“Se ci vai quella è capace di trasformarti in una strige (civetta)”
“Invece io ci vado perché non ne ho paura come voi che siete tanti fifoni”
rispondeva agli amici mostrandosi fermo e deciso nel suo proposito.
“Tu sei pazzo…te ne pentirai!”
“Io ci vado e vedrai che mi farà anche entrare in casa…scommetti?”
Scommisero mille lire che Fausto avrebbe dato all’amico Peppe – sempre in
bolletta – se non fosse riuscito ad entrare a casa di Teresa.
E così quella notte del 24 dicembre, prima che l’orologio del campanile del
paese battesse la mezzanotte, il piccolo e coraggioso Fausto bussò alla
porta della terribile strega.
“Signora Teresa, sono il piccolo Fausto, mi fa entrare per favore…ho un
regalo per lei”
Ma dalla casa non ci fu risposta.
“Signora Teresa, sono il figlio del farmacista, se mi fa entrare in casa
ho un regalo per lei…”
Ma dalla casa neanche quella volta ci fu risposta.
“Signora Teresa, io so che lei non è cattiva come dicono in paese, e che
non è una strega…Mi faccia entrare per favore…”
Fu allora che una luce si accese e, dopo alcuni minuti di silenzio, si
udirono dei passi giungere fino alla porta che, cigolando sui cardini
arrugginiti, si aprì lentamente.
Il cuore del piccolo Fausto batteva forte, forte.
Con la mano spinse la porta e mosse i primi passi per varcare la soglia.
Un lume ad olio illuminava la piccola stanza.
La parete di destra era colma di boccette e boccettine piene di filtri
coloratissimi. Alcune fumanti, altre in ebollizione sprigionavano odori
penetranti.
Al centro c’era un tavolaccio di legno nero con due sedie colorate: una di
rosso e una di verde; mentre sulla sinistra c’era la dispensa piena di pane
raffermo, uova e formaggio.
Di rimpetto alla porta il fuoco scoppiettava in un camino grande.
Di fronte ad esso c’era una sedia a dondolo.
La vecchia Teresa vi stava seduta sopra, avvolta in uno scialle di seta nero
con dipinti enormi rose rosse con foglie d’oro.
Non era, a prima vista, la vecchia strega, brutta e minacciosa che al
piccolo Fausto la gente aveva dipinto. Anzi sembrava una vecchina
dall’aspetto grazioso.
Il bambino appena le fu giunto di lato la salutò con un “Buonasera signora
Teresa, piacere di fare la sua conoscenza”
Teresa rispose con un breve cenno del capo.
“Questa sera oltreché essere la Vigilia di Natale è anche il suo
compleanno, perciò ho pensato di farle un regalo e le ho portato questo
cesto di melagrane…spero le piacciano le melagrane…”
“Ne vado matta!”
“Mi fa piacere” disse il bambino posando il cesto in grembo alla vecchia.
“Io ti aspettavo, sai, da molto tempo… Me lo ha detto il mio gatto
Silvestro”
Fu allora che il gatto Silvestro, sentendosi nominare, spuntò da un angolo
buio della stanza e, miagolando, si avvicinò a Fausto, gli girò intorno e,
inarcando la schiena e sollevando la coda, prese a strisciarsi ai suoi
pantaloni di velluto.
“Per ricambiare il tuo gesto, ti ho preparato una bella torta… La dovrai
mangiare però solo tu, e per ogni fetta che mangerai sarai libero di
esprimere un desiderio. Se non sarai goloso, di fette ne potrai tagliare
ben sei, e sei saranno i desideri che potrai esprimere…”
“Grazie signora Teresa” disse Fausto dirigendosi verso la torta di
cioccolata e fragole che era stata posata al centro del tavolaccio.
“Se posso le chiederei il permesso di mangiarne subito una prima fetta”
“Ma certo, fai pure”
Fu così che il piccolo Fausto tagliò la prima fetta di quella torta
bellissima. Poi, chiudendo gli occhi, prima di dare il primo morso espresse
il suo desiderio.
Trascorsero pochi minuti e la casa di Teresa si illuminò di mille
sfavillanti colori, i mobili che erano di legno massiccio scuro si
colorarono di bianco, e le boccette con i filtri magici divennero
all’improvviso tante bambole di pezze.
Quando il piccolo Fausto si girò verso il camino e posò lo sguardo sulla
sedia a dondolo, seduta su di essa non c’era più la vecchina Teresa ma una
bellissima bambina di dieci anni dai riccioli d’oro e con grandi occhi
splendenti.
Il desiderio di Fausto era stato avverato. Non aveva chiesto per sé
ricchezze, né ori e argenti, né giocattoli, o altri regali costosi. Aveva
chiesto che quella vecchina sola e additata dalla gente del paese come una
terribile “coga” si trasformasse in una bellissima bambina!
E così che a volte accade che chi volge il pensiero più agli altri che a sé
stesso venga premiato.
Da quella notte del 24 dicembre di venti anni fa Fausto e Teresa vissero
insieme sempre felici e contenti e non si separarono mai.
Antonio Annunziata (Cagliari)
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Amici Comit News - Natale 2013