LA VIGILIA DI NATALE
Breve racconto di Antonio Annunziata per l'amico Izeta Alfredo  - Anno 2014


un acquerello di Antonio (cliccate sull'immagine per ingrandirla - didascalia all'interno)

 

Da quando la zia era rimasta sola, mio padre e mia madre – soprattutto mia madre – avevano cercato disperatamente di trovarle marito.
La zia non era bella, ma neanche brutta. Come si dice in questi casi era un “tipo”.
Un metro e settanta, capelli castani raccolti dietro la nuca spruzzati di bianco, abbastanza in carne, il viso tondo dalla pelle chiara e gli occhi marrone intelligenti.
Oggi direi che assomigliava alla Laurito.
Come dicevo, per trovarle marito mio padre aveva preso l’abitudine di invitare i suoi colleghi scapoli e di buona famiglia a casa.
Mia madre si faceva in quattro per preparare buoni pranzetti (in cucina ci sapeva fare!): ravioli di carne o pasta col pesto, cima alla genovese, ossibuchi con piselli e funghi, agnello arrosto con patate, macedonia di frutta.
Quell’anno per la Vigilia di Natale a papà avevano regalato dei bei meloni bianchi. Una rarità!
Pertanto la mamma aveva deciso che come antipasto si sarebbe mangiato prosciutto e melone che, pur essendo una pietanza adatta per le estati calde,  anche quella notte sarebbe stata gradita, e di molto.
E proprio prosciutto e melone fu la causa di un increscioso “incidente” che fece svanire in un baleno l’unico serio pretendente alla mano della zia.
Dopo cinque aspiranti mariti in prova che così come erano comparsi, così erano svaniti nel nulla, il signor Bernardo era rimasto – a sua insaputa – l’unico sulla piazza. Era – come gli altri – di buona famiglia. Era stato da poco tempo trasferito nella nostra città e, come capita in questi casi, si sentiva ancora spaesato, molto spaesato così aveva accettato di buon grado di venire a pranzo da noi.
Quando era nostro ospite baciava la mano alla mamma alla quale portava anche rose  rosse per ricambiare l’invito. A tavola il suo posto fisso era  tra la mamma e la zia.
Mi ricordo che nei minuti di attesa, prima che il pranzo fosse servito, mi fissava a lungo con un sorriso ebete stampato sul faccione rosso paonazzo.
Era a suo modo elegante nel vestire anche se, unica nota stonata, portava cravatte enormi dai colori e dalle fantasie vivaci che gli si strozzavano al collo.
Quella famosa Vigilia di Natale il suo viso rosso e paffuto divenne bianco che “più bianco non si può!”.
Per meglio comprendere il fattaccio dobbiamo andare un po’ indietro nel tempo, quando mio padre – proprio perché il signor Bernardo aveva stampato sul volto quel colorito rosso acceso - ci aveva confidato in via del tutto confidenziale (ma con aria molto sbarazzina), che in ufficio c’era chi diceva che assomigliava moltissimo a quelle scimmiette dello Zoo chiamate “Bernardo dal culo rosso”..   
Orbene il menù di quella notte magica prevedeva come antipasto: insalata russa, sottoaceti a piacere, patè d’anatra su crostini croccanti, e prosciutto e melone.
Il signor Bernardo in qualità di ospite e aspirante marito sarebbe stato servito – come si conviene – per primo.
E così fu. Così mentre la mamma lo stava servendo con una, due, tre, quattro fette di prosciutto di Parma che facevano pari con le fette di melone, già al sottoscritto i conti non tornavano, e il perché è presto svelato. Dopo il signor Bernardo sarebbe stata servita la zia , poi mio padre per terzo. Mio fratello più grande per quarto. Io – il piccolo della compagnia -  sarei stato il penultimo della fila e mi sarebbero spettate sole due fette di prosciutto e due fette di quel melone che – assaggiato di nascosto – era una vera delizia.
Capirete dunque il mio disappunto! Di un povero bambino di appena otto anni che si vedeva sottrarre dal piatto una pietanza assai squisita.
Fu così che d’impeto decisi di dare fiato alla mia protesta gridando: “Ma quante fette dai a quel signor Bernardo dal culo rosso!”
Ricordo ancora oggi che la voce mi uscì chiara ed impetuosa, stando dritto in piedi sulla sedia in modo che la mia protesta  fosse non solo udita ma anche vista da tutti, mentre agitavo la forchetta verso la mamma e verso l’ospite.
Ma anche a otto anni un bambino si può rendere conto delle “cazzate” che fa e che dice! Ed io subito mi resi conto che avevo “forse” detto qualcosa che era meglio non avessi detto. E lo capii guardando il volto del signor Bernardo che per la prima volta sbiancò!
E gli altri? Mia madre restò immobile, come sospesa per aria, la bocca spalancata. Mio padre rischiò di soffocarsi con un cetriolino che aveva appena sottratto dal centrotavola. La zia assunse l’aria di chi si sarebbe volentieri volatilizzata. Solo mio fratello maggiore parve apprezzare la mia “uscita” perché scoppiò a ridere.
Io ero ancora diritto in piedi sulla sedia quando gli occhi di papà si fecero severi, e quelli della zia mi fulminarono.
Quella sera della Vigilia di tanti e tanti anni fa fu una Vigilia tutta speciale.
Quella sera non mi toccò nemmeno una fetta di quel prosciutto e di quel melone perché la mia cena terminò lì.
Dopo il mio brusco allontanamento seguirono minuti di grande imbarazzo. Il nostro ospite cercò con signorilità di minimizzare l’accaduto dicendo che erano “cose di bambini”, mentre riceveva dai commensali le scuse più sentite.
Fu quella l’unica volta  che mio padre mi tirò per l’orecchio (destro) obbligandomi a restare chiuso in camera mia “In castigo e senza cena!” mi disse con aria severa.
Ma l’indomani sarebbe stato Natale e la pace sarebbe ritornata in famiglia.

Del signor Bernardo non ne ebbi più notizie.

Antonio Annunziata - Cagliari

 

 

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