I numi tutelari dell’età moderna
di Fernando Mazzotta (Taranto)
Storia della pittura attraverso i francobolli

Sono nato e ho vissuto la mia infanzia nella casa di mio nonno materno e ricordo che mi mettevo davanti al comò e rimanevo a osservare in estatica contemplazione una statuetta della Madonna del Carmine in cartapesta, sicuramente dell’Ottocento, sotto una campana di vetro, facente parte della dote matrimoniale di mia nonna. Questo simulacro è poi rimasto, insieme alla stessa casa, a mia madre donna molto religiosa che lo ha sempre tenuto in bella mostra e grande venerazione sino allo scorso anno, quando è morta alla rispettabile età di 102 anni, lasciandomi quel simulacro della Madonna in campana che per quasi due secoli aveva testimoniato l’intensa religiosità vissuta tra le mura domestiche, in quanto era un’espressione di fede, un punto di riferimento, una protettrice sicura, vigile e attenta, di una famiglia che si rimetteva a lei, al suo sguardo, una discreta e silenziosa testimone della vita quotidiana della mia famiglia. E ora quel “testimone” è stato accolto in casa mia per mantenere viva una delle nostre (del Salento) tradizioni religiose più “famigliari”, nonché e soprattutto il ricordo dei miei nonni, di mia madre (mio padre è morto da oltre cinquant’anni), gente semplice ma ricca di un’antica sapienza dal sapore biblico. Mia madre mi ha lasciato anche un bellissimo crocifisso ligneo con il Cristo, opera del notissimo cartapestaio leccese degli inizi del ‘900 il Maestro Guacci, che ho donato alla Chiesa degli Angeli di Torre dell’Orso (Le).

Questa riprodotta nell’immagine seguente è la statua della Madonna del Carmine in campana da me ereditata.  La campana è realizzata in vetro soffiato e misura 75 cm di altezza e poggia su una base in legno verniciato di nero che ha una circonferenza di 90 cm; sul piano di posa ha una scanalatura su cui è inserita la cupola di vetro (clicca sull'immagine per ingrandirla).

Risalgono al XVI secolo le prime urne di vetro, quasi sempre erano dei soprammobili votivi per la custodia di riproduzioni di statue di santi realizzate in cera, cartapesta, terracotta, gesso, ecc. che si tenevano al centro del piano superiore del comò, sulle alzate o sulle angoliere. Gli abiti e gli ornamenti rispettavano in miniatura, ma con fedeltà, le caratteristiche delle statue a grandezza naturale.

Le statuine di casa, le immagini votive, questi oggetti di devozione, si diffusero nell’Italia Meridionale, in particolare a Napoli, nella prima metà del ‘700, durante il regno di Carlo III di Borbone. Ma la maggiore diffusione è avvenuta, quasi certamente, dalla seconda metà degli anni venti del Settecento fino agli inizi del Novecento, nel Salento, in particolare a Lecce dove l’arte della cartapesta si mise al servizio di queste opere sacre. Il momento culminante si registrò nell’Ottocento.

Più sentita è certamente la presenza del culto mariano e la consequenziale scelta dell’icona della Madonna sotto i diversi titoli, Madonna del Carmine, Madonna della Pace, Madonna Addolorata, Madonna delle Grazie che simboleggia la funzione e il ruolo preminente esercitato dalla donna nella nostra società.

Sotto la campana di vetro di frequente comparivano anche dei fiori artificiali come si nota anche nella foto come sopra riprodotta.

I piccoli capolavori di statue sacre facevano parte degli arredi domestici, spesso dono di nozze dei nonni come simbolo della loro fede contadina, in segno di continuità ed erano presenti si può dire in ogni dimora. La vita di tutti i giorni, spesso contrassegnata da stenti, difficoltà, momenti di sconforto, portava tutta la famiglia a rivolgere anche un solo sguardo sfuggevole a quella statuetta per ritrovare suggerimenti e forza per andare avanti.

Quindi, queste statuine portavano al raccoglimento, alla riflessione esattamente come le divinità tutelari della famiglia romana, i Lari e i Penati che proteggevano i viventi in ogni momento della giornata.

Verso gli anni Cinquanta del Novecento le moderne generazioni hanno rifiutato simili soprammobili e se ne sono repentinamente disfatte con donazioni o con abbandoni, magari in cappellette di campagna da dove poi se ne sono perse le tracce.

Per fortuna un lavoro di recupero, valorizzazione e riproposizione di uno squarcio pudico e suggestivo di marcata tradizione e devozione popolare è stato realizzato da diversi “collezionisti” e amatori del genere che hanno salvato dal degrado questi oggetti ricchi di fascino che aprono spiragli nei campi della ricerca, nella storia dell’arte popolare, nelle espressioni del sentimento religioso delle masse, nella stessa storia dei luoghi, per la capacità di fornire elementi di ricostruzione della vita quotidiana di un passato non remoto. Queste statue hanno regalato, specialmente ai fanciulli come me, momenti di strana magia e di sogni nel guardare, chiuse dentro queste cupole di vetro, troneggianti sul comò, personaggi, figure mistiche che hanno fatto galoppare la nostra fantasia.

Fernando Mazzotta (Taranto) 
 
Altre statue in urne
di vetro (clicca
sulle miniature
per ingrandirle)


 

 

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