Una favola surreale sulla vita
NATALE

Un racconto di Salvo Barone (Como)

Personaggi

  • Natale – caro estinto
  • Emozione – amica di Natale
  • Ragione – amica di Natale
  • Letizia – amica di Natale
  • Prossimo – il vicino che tutti abbiamo
  • Desirè – moglie di Prossimo

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L'obitorio era così come se l'erano immaginato per tutta la loro esistenza. Privo di vita.

Corpi immobili dallo sfasciacarrozze, luci spente, odori anestetizzati.

Natale era lì, disteso. Aveva abrasioni sul volto ma anche sulle gambe e sulle mani. I muscoli contratti gonfiavano la pelle del suo corpo affusolato.

Doveva aver lottato sino alla fine.

Dentro la stanza spoglia lo cullavano i sussurri delle amiche.

-      Nel fiore dell'età - bisbigliò Ragione allungando un lenzuolo bianco sul feretro.

-      Com'è successo? - chiese Emozione.

-      Un tappo di sughero - sorrise Letizia con gli occhi lucidi.

La risposta era rimasta a galleggiare nel silenzio e così, per completare il pensiero, le sembrò ragionevole aggiungere:
-      Natale amava tutto. Il mare, la pioggia, la campagna. La vita. Per lui la vita era esserci.

-      Aveva tanti amici - ricordò Emozione.

-      Credeva di averli. Era lui, l'amico di tutti - la corresse Ragione.

-      Stavi raccontando del tappo ... - fece curiosa, Emozione.

Con la mano incerta Letizia aveva tastato il bordo della lettiga. Non aveva il coraggio di andare oltre. Aggrappare un dito all'orlo del sudario le sembrò il compromesso più accettabile.
-      Non bisogna aver paura. Diceva così: nella paura non c'è vita - ricordò con un sussurro incrinato.

-      Era solo - puntualizzò Ragione.

Tirò un sospiro svogliato. Non voleva parlarne. Riguardò la sindone e come una maestrina stanca iniziò a spiegare.

-      Erano ciechi. Natale era un orfano al contrario. I genitori erano ciechi, non l'hanno mai visto. Natale li accudiva da quando  è nato.

-      E adesso?

-      Non hanno voluto vederlo. Cioè, avete capito cosa intendo, non se la sono sentita di venire qui. Per loro non è più vita, senza Natale.

Letizia scosse il capo e Ragione riprese il suo racconto:
-      Maria e Giuseppe, si chiamano così, hanno smesso di vedere molto presto. Lui per un incidente in fabbrica, lei invece per un'infezione. Avevano meno di vent'anni quando si sono conosciuti. Due orfani, irrimediabilmente ciechi.

-     Si sono sposati? - soffocò Letizia portandosi la mano davanti la bocca per la meraviglia.

-     Non solo. Hanno messo al mondo il nostro Natale - tirò su le labbra Ragione. - Maria e Giuseppe non volevano vivere il resto della vita al buio, serbavano un ricordo vivido dei colori e un figlio avrebbe riacceso la luce.

-     Che tristezza - si lasciò sfuggire Letizia.

-     Invecchiare al buio, è tristezza - la rimbrottò Emozione.

-     E dunque il bambino?

-     Che poteva fare? Ha imparato a farsi trasportare dalla vita. A correre dove c'è bisogno. Quando non hai scelte diventi Santo oppure Demonio.

-     Ecco perché il nome! Natale - esclamò Letizia.

-     I presupposti non erano così incoraggianti. In definitiva un augurio per una vita serena.

Emozione sentì scaldarsi il cuore e allungò una mano caritatevole. Prese a carezzare il volto di Natale che sembrò rianimarsi quando un ciuffo di capelli bianchi gli scese sulla tempia fredda. Dentro la stanza spoglia i bisbigli delle tre amiche alitavano come un venticello tiepido venuto ad addolcire il rigore della morte.

-     E con Prossimo?

-     Prossimo è arrivato dopo. Lo sai, no? cosa aveva - fu lesta Ragione.

-     Il cuore grosso?

-     Cardiomiopatia ipertrofica. Andava avanti a beta bloccanti.

Letizia sbuffò.

Ragione invece raccolse il suo disappunto dentro una smorfia:
-     Un perditempo, un distributore automatico di menzogne. L'unica cosa vera era questa benedetta storia del suo cuore.

-     E la moglie che aspetta un bambino - si affrettò a puntualizzare Emozione.

-     È nato l'altro ieri.

-     Però il resto sono balle - non volle arrendersi Ragione ritornando al suo racconto. - Natale con la sua voglia di fare l'amico, c'è cascato come un pollo. Lui e la sua mania degli invisibili. Natale diceva che poteva vederli, vedeva i sentimenti nelle persone, era una sua dote. Una vera folla: Speranza, Ordine, Successo, Fortuna, Dolore, Pazienza... tutti suoi compagni di viaggio. Vi rendete conto?

-     Ma allora noi? - dubitò Letizia.

-     Che domande, noi ci siamo davvero. Eravamo dentro di lui, non aveva bisogno di vederci!

-     È vero - annuì Emozione.

-     Ma torniamo a Prossimo. Un codardo asserragliato dentro la malformazione del suo cuore. Un miserabile che viveva di espedienti, con l'impegno di fregare il prossimo. Lo sapete come si erano incontrati, lui e Natale?

-     La moglie di Prossimo, Desirè, era una sua fiamma - chiarì Emozione allungando lo sguardo triste sul lenzuolo bianco.

-     Si conoscevano da quando erano bambini. Natale amava Desirè, ma sapete come sono le donne certe volte: le sofferenze le cercano con il lanternino. E così quattro moine e tante promesse, Prossimo gliel'ha fregata. Però alla lunga Desirè si era stufata e aveva deciso: il bambino che aspettava da Prossimo l'avrebbe fatto crescere senza il padre.

-     Come se a quel punto quella fosse una soluzione - borbottò Emozione.

-     Natale aveva capito. Insomma ha preso Prossimo in disparte e gli ha riempito la testa di raccomandazioni parlandogli di Responsabilità e Amore. Deve aver fatto breccia, perché finalmente Prossimo si era messo a lavorare.

-     Dove?

-     Lo stesso lavoro di Natale. Pulivano le cisterne: vasche, silos, cisterne. Per la verità Natale sgobbava e Prossimo si imboscava.

-     Sino a ieri - mormorò amareggiata Emozione.

-     Prossimo aveva portato una bottiglia da stappare per la nascita del figlio. Aveva chiamato Natale in mensa e gli aveva detto: il tappo lo conservo, voglio cambiare vita. E Natale, tanto per cambiare, se l'era bevuta come un allocco. Alla ripresa del lavoro il cardiopatico si è infilato in una vasca vuota, ha calato la scala ed è scomparso. Aveva bevuto e voleva farsi la pennichella. Quando dal bocchettone hanno iniziato a riempire la vasca si è svegliato e si è messo a urlare. Sono stati i fanghi pesanti. Non riusciva a risalire, perché i fanghi gli portavano via la scala.

-     E Natale?

-     È accorso subito. Ha bloccato la manetta e si è affacciato. Prossimo era già stordito, stava immobile aggrappato alla scala come a una zattera. Natale, con i suoi invisibili, ha visto tutto: Paura, Angoscia e Disperazione lo guardavano con un sorriso tronfio, soddisfatte della scena. Altruismo non si faceva vivo. Allora Natale si è messo a urlare. Ma niente. Per un attimo si è presentato Infame, gli ha detto che se moriva Prossimo poteva prendersi Desirè.

-     E Natale che ha fatto?

-     L'ha cacciato, figuriamoci! L'unica ad aiutarlo è stata Speranza, con quel tappo di sughero che galleggiava nel fango. Gliel'ha fatto vedere lei. Così Natale si è calato con una fune e da laggiù ha tenuto la scala per fare risalire Prossimo. I veleni, ormai avevano invaso la vasca e non c'e stato niente da fare. Generosità e Pietà l'hanno visto lottare sino alla fine, ma da solo non avrebbe mai potuto farcela.

-     Insomma, è rimasto solo. Lui che aveva vissuto senza genitori non voleva che il bambino nascesse.....
-
     In questo mondo distratto ...
-
     Tante volte meglio essere ciechi.
-
     Piangeva, si disperava. Noi forse ... - dubitò Ragione.
-
     Cosa potevamo fare? Tu, Ragione, l'avresti dissuaso; non doveva calarsi in quella cisterna per nessun motivo, lo sai bene. In quanto a te, Letizia, beh, non era proprio il tuo ambiente. E io da sola non potevo: con Emozione da sola, non si risolve niente.
-
     Quel dannato tappo di sughero valeva una vita - disse Letizia, in conclusione.

Il neon della stanza ebbe un fremito e le pareti grigie furono percorse da un timido barlume.
Le tre amiche si allontanarono spaventate mentre un transito di speranza attraversò i muri prima di affondare dentro la pasta nera dell'oblio.
Dalla porta aperta si allungò l'ombra di un camice bianco e una mano incerta andò a tastare l'interruttore.

-
     Oh! Si è fulminata di nuovo! - disse nel vuoto.

Si avvicinò alla lettiga pizzicandosi il naso.
Chissà perché, nel momento in cui l'aveva preso in carico, quel corpo tonico gli aveva generato commozione. Di corpi freddi era abituato a vederne tanti, ma in quel caso uno spasmo gli aveva attraversato il cuore stringendogli un nodo in gola.
Sollevò le spalle.

-
       Tanto ... - borbottò grattandosi la testa. - Sto povero Cristo della luce che se fa?

by Salvo

 

 

 

Salvo Barone è nato a Palermo nel 1956, è sposato e ha due figli. Vive a Como.
Nella sua vita bancaria, ormai lunga, si è forgiato al cambiamento e ormai più niente lo impaurisce. Anche per questo è diventato un apprezzato scrittore di libri gialli.
In Comit ha assaporato i rigori delle campagne ex carichi D.C., è poi passato per la campagna di Sardegna (10 anni) giungendo in riva al Lario nel 1999. Nel 2001 ha preso atto della scomparsa della Comit rinnovando il suo vincolo matrimoniale con Banca Intesa, oggi Intesa Sanpaolo.
Ama coltivare legami a lungo termine. Non pratica il bon ton deliberatamente, evitando però di farsene accorgere. Ecco perché complessivamente è una persona a modo.
"Una giustizia più sopportabile" è il suo quarto romanzo, il secondo ad essere pubblicato (il primo è "Le regole del formicaio").

 

 

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