SEMEL SCOUT, SEMPER SCOUT - di Virginio Inzaghi (Pavia)

 

4a puntata
 

In novembre ricevetti una lettera circolare da Milano che mi invitava ad una "uscita" riservata agli allievi di Colico di Lombardia (ed anche ad altri se volevano parteciparvi) per incontri di perfezionamento.
Questi incontri dovevano essere due, come ci aveva accennato a Colico Don Guido, uno a Dicembre e l'altro nel Marzo seguente per uno scambio di vedute su quanto avevamo appreso a Colico e quanto avevamo fatto, segnalando le attività compiute dopo il Campo Scuola, difficoltà, idee.
Colico era da considerarsi come "l'Istituto Rizzoli" per Capi Branco, il famoso istituto bolognese in cui venivano aggiustati gli arti rotti o difettosi.
Arrivato a Milano il Sabato sera, dormimmo accantonati: ricordo che Aliprandi dormi a dorso nudo, all'americana, e noi accogliemmo con molta curiosità ed una certa meraviglia il suo sorridente saluto del primo mattino.
La Domenica, dopo la Santa Messa in loco, ci portammo, se non erro, al Parco Reale, dove le corse (c'era un freddo pungente ed era gelato durante la notte) si alternavano alle lezioni, brevi ed incisive di Don Guido.
A mezzogiorno c'era l'annunciato pranzo offerto dai vecchi lupi: cioè ci dettero i viveri per la cucina personale in quel luogo ove il combustibile era limitato a ramettini e foglie secche... ci impiegai più di due ore per mangiare qualcosa di mezzo cotto....
Il significato di questo "scherzo da prete" voleva essere quello di farci intendere che il fatto di essere Capi Branco non doveva farci dimenticare di essere anche, e soprattutto "Rover" , coloro che san fare la cosa giusta nel giusto momento, che hanno la volontà di farla, che hanno la capacità tecnica di farla.
La riunione del marzo (1948) avvenne fuori Milano, non ricordo esattamente dove ma ricordo che il mattino della Domenica era anche allora molto freddo e dovemmo stare all'aperto, in maglietta, fermi, con gli occhi chiusi a pensare intensamente ad ogni parte del nostro corpo per svegliarla con la forza del pensiero....
In queste due riunioni si concretò l'idea di formare il Branco degli Akela lombardi, che prese nome di Branco del Lago (di Colico). Fu scelto un foulard di color grigio perla che doveva essere portato nelle riunioni regionali al posto di quello del singolo Gruppo. Successivamente, ai C.B. che avevano seguito il Campo di Secondo Tempo, al foulard veniva applicata l'insegna della zanzara (caratteristica del clima di Colico).
L'attività del mio Branco, in quel periodo, fu intensa ed acquisimmo sette nuovi lupetti conducendo il Branco al Campo regionale di San Giorgio che si svolse ad Alzano Lombardo (presso Bergamo) ed in cui ci cimentammo in capriole d'ogni tipo... ma i lupetti di Ponte San Pietro erano formidabili...e ci superarono di gran lunga. Facemmo amicizia.
In seguito, una disavventura mi dette modo di meditare profondamente. Ero, col Branco, a giocare nel bosco rado lungo la spiaggia del Ticino quando un mio lupetto, in una caduta, si ruppe un braccio. Ed ero solo. Mi appellai ai Capi Sestiglia, steccai il braccio ove era evidente la frattura, risalii la scarpata e raggiunsi la statale Milano-Genova. Una macchina si fermò e feci portare il ragazzo al Pronto soccorso dell 'Ospedale.
Tornai dal Branco, lo feci rientrare in Tana, poi mi portai all'ospedale dopo aver avvisato telefonicamente la famiglia.
Feci giuramento con me stesso che non sarei mai più uscito da solo col Branco: l'esperienza insegna.
È utile che segnali un altro fatto: il lupetto infortunato era soggetto ad una disfunzione che rendeva le sue ossa fragili ma la famiglia non me lo aveva segnalato. Nell'accogliere nuovi cuccioli esigetti pertanto dalle famiglie, in forma confidenziale dapprima ed in seguito con un modulo informativo, che mi segnalassero eventuali anomalie fisiche.
In luglio, dopo aver ricevuto un caloroso invito da Don Guido, e "l'ordine" di trovarmi al Campo un giorno prima dell'apertura del Corso, raggiunsi Colico insieme a Gigi Torti e Luigi Quaroni, miei aiuti pavesi e futuri Capi di Branco, che sarebbero stati due allievi per il Primo Tempo Capi Branco che vi si svolgeva.
Non sapevo allora di essere un "sorvegliato speciale".
Eseguii dunque l'ordine e raggiunsi il Campo, dove fui ragguagliato che sarei entrato a far parte della "Pattuglia direttiva del Campo" e mi furono assegnati i temi ed i racconti che avrei dovuto trattare e che avrei dovuto preparare, seduta stante. Ero molto meravigliato delle fiducia che riponevano in me e ci posi il maggior impegno possibile per non deluderli.
Nello svolgimento del Campo avrei assistito e partecipato a tutte le attività svolte dagli altri membri della Pattuglia stessa: sarei stato cioè contemporaneamente allievo e maestro.
Questa mia partecipazione direttiva sarebbe stata poi considerata come "Secondo tempo di formazione" (previsto dalle Norme Direttive Nazionali) con diritto al brevetto di "Capo Branco effettivo" (e piumetto verde!).
Per me fu una esperienza scioccante e scopersi allora di avere il dono di... saper raccontare.
Ricordo che il mio Gigi, che era l'allievo più giovane, fu nominato "Mowgli del Campo", ricordo i Lupi Grigi, una delle sestiglie del Branco di formazione, i cui componenti divennero tra i migliori Capi italiani e diversi di loro furono membri della Pattuglia direttiva di Colico negli anni seguenti. Fedi, di Firenze, definito il Lupo silenzioso, Severi Pietro Paolo, di Modena, uno dei Capi storici del
Lupettismo italiano, dalle battute esilaranti e critiche. Chiodaroli Renato, di Lodi, con fiere e dignitose sembianze come il suo antenato Fanfulla e che poi si fece prete.
Gigi Torti, di Pavia, di belle sembianze ma poche doti di segnalatore, come fu scritto nel Giornalino del Branco del Lago, Soldà, vicentino, battagliero come il suo nome, Marin, abile disegnatore che tramandò ai posteri le più commoventi scene dei Lupi Grigi... tra cui il quasi annegamento di Paolo Severi nel Lago.
Devo notare che sia i Capi della Direzione che tutti gli allievi, e vorrei sottolineare questo "tutti", erano pervasi da uno schietto, sincero ed amichevole entusiasmo e che le attività proposte, talora pesanti perchè si voglion sempre fare tante cose in un tempo limitato, erano comunque accolte con battute...magari un poco sarcastiche ma col sorriso sulle labbra.
Don Guido poi era un "duro" ed un "cinico" come lo definirono alcuni allievi, ma di una competenza tale che nessuno voleva perdere nemmeno una parola dei suoi interventi.
Ricordo, di quel Campo, la visita di Salvatore Salvatori, Capo Scout d'Italia, che, anche se gli anni già gli pesavano, volle dormire nel suo sacco piuma, "a le belle etoile", ai piedi dell'alza bandiera, con tanta ammirazione da parte nostra, che suonava anche da rimprovero perchè noi eravamo accantonati nella "residence".
Non ricordo esattamente se fu durante il Campo o in quale altra occasione, ma certamente in questo periodo, che Don Guido ci presentò ed esperimentò la "Messa Lupetto" da lui composta.
All'inizio le sestiglie esternavano la loro presenza. L'Akela diceva che il Branco era presente ed ogni Capo sestiglia diceva forte il colore della propria ma il punto più toccante era quello della Consacrazione. Alla elevazione dell'Ostia l'Akela diceva:
"Il pane non è più pane, è il Corpo del Signore"

e tutto il Branco esclamava : "Noi l 'adoriamo! "

"Il vino non è più vino: è il Sangue del Signore!"
e tutto il Branco esclamava: "Noi l'adoriamo"
"Sotto le specie del pane e del vino, Gesù è presente sull 'altare... "
Cito questi due punti salienti ma ogni punto della Santa Messa era evidenziato con opportune partecipazioni che davano modo ai Lupetti (e non solo ai lupetti) di comprendere
quanto succedeva sull'altare.
Anch'io sperimentai la Messa Lupetto fin quando la Curia milanese non ne vietò l'uso... per reclamo di alcuni Parroci che non volevano che la "tradizione" della loro
Parrocchia fosse compromessa.
Eppure era una Messa sentita di dentro, intima, e non solo seguita dal di fuori. Forse qualcuno ne avrà copia ed oggi, che si è più aperti alle innovazioni, potrebbe essere ripresa.
Io, intanto, avevo dovuto rinunziare al Campo estivo degli Scout del Riparto e perciò cercai di compensarlo con una uscita ferragostiana in bicicletta, insieme a Ferri e Bozzini il quale aveva ancora tante cose da raccontarci sul Rover Moot e aveva da sperimentare la cioccolata liquida di sua produzione, che ci rimase sullo stomaco durante tutta la nostra esplorazione lungo le strade dei colli dell'Oltrepò pavese. Fu questo l'inizio di una specie di tradizione che ci condusse poi a diverse uscite ferragostiane in stile rover.
In Ottobre fu ripresa l'attività di Gruppo coi passaggi dei Lupetti al Riparto, mentre al Branco arrivò una sola nuova recluta che risultò molto significativa: un paffutello di sètte anni e mezzo, Dodo (Rodolfo) Jannaccone Pazzi, un bambino intelligente e vispo, che il Branco decretò all'unanimità che fosse chiamato Mowgli.
Qualche C.B., in seguito, mi domandò se era bene dare nomi giungla ai Lupetti. Io li usai in due diverse occasioni. La prima fu quando un cucciolo diventò insopportabile nel disturbarmi quando stavo raccontando sciupando in tal modo l'atmosfera, facendo sgambetti durante le partite di gioco.
Chiamai in cerchio e, con le buone maniere, gli osservai il suo comportamento che rendeva tristi i suoi fratelli di Branco. Mi guardò sprezzantemente ed alzò le spalle.
Allora cambiai tono: da quel momento e fino al termine della riunione non gli sarebbe stata rivolta la parola e, se occorreva chiamarlo, lo si chiamava col nome di Tabaqui.
Verso il termine della riunione, dopo più di un'ora in cui si comportò decentemente e ignorato dagli altri, venne a chiedermi di togliergli quel nomignolo. I Lupi sorrisero e si riformò lo spirito della famiglia felice.
In altra occasione, durante un incontro tra i nostri Branchi in una gara invernale di domande e risposte, di tipo televisivo, Gianfranco, Caposestiglia, si dimostrò di una sapienza eccezionale e meritò di essere chiamato Sahi.
Direi che, dei nomi Giungla assegnati ai lupetti, non se
ne faccia gran uso, assegnandoli di preferenza a lupi anziani nell'ultimo anno di permanenza al Branco. Passando scout viene a cadere questo loro appellativo. Per inciso, c'era un lupetto molto grasso, bonaccione e gran mangione: quando parlai di Jakala, il coccodrillo mai sazio, i lupetti accennarono a lui e, all'inglese, lo chiamarono Jak e tale soprannome lo detiene tuttora anche se ha moglie e due figli.
Proseguivano intanto i rapporti con Branchi di altre zone: andammo in visita al Branco di Ponte San Pietro guidato dal simpatico Silvio Bonalumi, con il quale avevamo gareggiato al Campo regionale nella gara delle capriole, successivamente incontrai i Capi Branco di Lodi e Crema e creammo la zona Adda-Ticino stabilendo le diverse gare nelle quali i lupetti dovevano competere nelle "Olimpiadi" tra i tre Branchi (a cui in seguito si unì anche il Melegnano I°).
Gli incontri tra Branchi sono molto utili sotto vari aspetti, sia perchè esige dai bambini il "fair play" (buon gioco) sia per la cortesia da usare con lupetti che non si conoscono ed infine per un allargamento delle conoscenze sia personali che associative.
Per il Capo Branco è bene vedere come gli altri Capi guidano il loro Branco e si imparano certe astuzie che non si conoscevano.
Io acquistai ad esempio, un fischietto di legno, a forma di becco d'aquila, a due toni, che mi serviva a chiamare il Branco, e solo il mio Branco conosceva questo tipo di richiamo, in queste riunioni ed anche in quelle maggiori regionali: era il richiamo di Chil, dai miei lupetti ben conosciuto ed unico.
In quella prima Olimpiade, che si svolse nei grandi cortili dell'Oratorio San Luigi di Lodi, fummo onorati della visita di Aliprandi, della Pattuglia Regionale Lupetti.
Nell'estate sostituii il Capo Reparto del Pavia II° (Dr. Magnino) e mi affiancai al Reparto Pavia I°, rimanendo però con attività autonoma, per il Campo estivo che si svolse a Santa Maria Maggiore (NO) nella Val Vigezzo.
L'autunno del 1949 ci portò invece notizie che sconvolsero tutta l'attività e la impostazione della Associazione, del Gruppo e la mia attività personale.
L'A.S.C.I. si staccò dall'Azione Cattolica divenendo una Associazione indipendente, ristrutturò i suoi quadri direttivi ed emanò nuove direttive nazionali.
Io non so come avvenne a Roma l'incontro tra i rappresentanti delle due Associazioni (ASCI ed ACI) ma certamente non fu troppo amichevole se una direttiva emanata in seguito dall'Azione Cattolica "invitava" i Direttori degli Oratori a revocare la concessione di Sedi agli Scouts.
Il Direttore del nostro Oratorio, Don Camillo, ce ne diede comunicazione e si recò dal Vescovo Mons. Allorio per protestare contro simile ingiunzione.
Morale della favola, l'esodo dagli Oratori portò allo scioglimento di tre dei cinque reparti che erano rimasti in Pavia mentre il Pavia I° (il mio) ed il Pavia IV° (Oratorio di S. Francesco) unirono le loro forze rimaste creando il Pavia XIV° (poi rettificato in Pavia I° d'ordine del Commissariato Regionale).
Era anche logico che molti genitori non permettessero ai loro ragazzi di abbandonare l'Oratorio che frequentavano e
che esisteva da decenni mentre la nostra era ancora una Associazione poco conosciuta, osteggiata da molti Parroci (oltre che dagli anticlericali) che sapevano che l'attività dei Reparti si svolgeva spesso il Sabato/Domenica disertando spesso la Messa e la dottrina oratoriana che si svolgeva di solito alle due pomeridiane, anche se sapevano che la istruzione religiosa veniva da noi compiuta nel corso della settimana.
Don Camillo tentò di mantenere il Gruppo in Oratorio e si ebbe lo scherzo da prete di essere trasferito (con la nomina a Parroco, un poco come le punizioni dei Magistrati che, per toglierli da un incarico che dà fastidio li promuovono) alla Parrocchia di San Lanfranco.
Il nuovo Riparto dopo alcuni mesi senza fissa dimora, ebbe una sede presso le Scuole Magistrali per interessamento di Don Luigi Gandini, Direttore del Giornale "Il Ticino" e assistente del Pavia III° (Parrocchia del Carmine) che aveva fermato la propria attività.
Era un ampio locale con porta indipendente che dava direttamente sul Corso Mazzini, vuoto, ben illuminato e riscaldato d'inverno in quanto era parte della scuola.
Le elezioni comunali portarono a Sindaco il nostro Commissario Provinciale Dr. Milani ed il suo incarico, in campo ASCI, fu preso dal nostro Capo Gruppo, Nino Bondioli.
E io? E il mio Branco? Al mio grido di richiamo risposero solo cinque Lupetti, diversi altri vennero piagnucolando a dirmi che i loro genitori non permettevan loro di venire con me... e dove?
 

Fine quarta puntata (agosto 2014) - continua

 

 

Vi abbiamo già parlato del collega Virginio Inzaghi, poeta dialettale, scrittore, fine umorista e storico di Pavia.

Il figlio Claudio ci ha inviato il volumetto SEMEL SCOUT SEMPER SCOUT )scritto con lo pseudonimo di Phao Del Lago), una storia dello scoutismo pavese, nel quale Virginio fu particolarmente attivo,
Virginio ci accompagnerà per molti mesi in quanto vi presentiamo a puntate sulle NEWS l'intero lavoro iniziando dalla pubblicazione del settembre 2013:

settembre 2013   -  prima puntata

marzo 2014       -  seconda puntata

giugno 2014      -  terza puntata

agosto 2014      -  quarta puntata

 

 

 

 

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Amici Comit News - settembre 2014