SEMEL SCOUT, SEMPER SCOUT - di Virginio
Inzaghi (Pavia)
6a puntata
Il
29 giugno tenni un incontro coi Genitori presso il Collegio
Gandini con la presentazione del nuovo Assistente del Branco, il
Prof. Don Pietro Cinquini, il più grande miniaturista d’Italia,
che realizzò oltre 400 opere che sono in mano a Papi, Cardinali,
Presidenti ed Onorevoli e che solo ora, dopo la sua morte,
gliene viene riconosciuto tanto merito e se ne è fatto un ricco
catalogo.
In quella occasione il Branco inaugurò la “divisa estiva” cioè,
al posto del maglione, c’era la camicia azzurro cielo con le
bretelle.
Il Campo di San Giorgio aveva portato alla ribalta, in città, il
Movimento scout e le adesioni cominciarono ad affluire numerose,
in particolare con bambini dell’età lupetto.
Dirò qui (tra parentesi) che i miei aiuti Capo Branco divennero
quasi tutti quanti Akela e due anni dopo (nel 1953) il gruppo
aveva tre Branchi coi nomi di Seeonee, Khaniwara e Novastosnah.
L’estate del 1951 fu deludente per me che ebbi solo le ferie
ferragostiane, perchè, cercato dalla concorrenza con aumento di
stipendio, avevo cambiato ditta, pur rimanendo sempre cassiere
ortofrutticolo, e ormai il Campo di Riparto era terminato e non
trovai soci per l’uscita in tenda.
Ripresi allora i contatti con l’Adda Ticino per rinnovare le
Olimpiadi Lupetto, sempre ben accolti a Lodi ove anche il
Riparto aveva raggiunto una intesa che era quella di far fare ai
nostri scout gli Hike di seconda e di prima classe, organizzati
dai lodigiani che, a loro volta, avrebbero mandato a Pavia i
loro scouts: in terreno neutro si sarebbe meglio visto il grado
di capacità acquisito dai ragazzi nelle varie prove richieste.
In campo regionale si organizzavano i Corsi di Primo Tempo,
mentre divenne tradizionale l’incontro degli Akela del Branco
del Lago, in sempre diverse città di Lombardia.
In campo nazionale, cominciai a studiare la compilazione di un
libretto (“Le prove dei cuccioli”) che avrebbe dovuto essere una
prima raccolta di esempi, giochi, attività su ogni prova
richiesta ai cuccioli, come guida pratica in particolare per i
Capi che avevano seguito solo il Campo o Corso di primo tempo.
Questo primo libretto fu stampato dalla Editrice Fiordaliso di
Roma ed ebbe altre due ristampe sotto l’Akelato nazionale di
Guido Palombi e di Titta Righetti.
In seguito compilai, insieme a Guido Cortuso, un secondo
libretto di prove (Le Prove di Prima stella) anch’esso
pubblicato dalla Fiordaliso.
Il Campo estivo del Riparto fu rinviato per impossibilità dei
Capi ma fu compensato da un campo ridotto autunnale ad
Antronapiana (NO), con la partecipazione di Don Camillo, cui il
Vescovo aveva dato l'incarico o nomina di Assistente provinciale
Io avevo sempre le solite ferie d’agosto che videro, in
quell’anno, una speciale realizzazione. Don Luigi Gandini,
organizzatore di pellegrinaggi a Lourdes, Direttore
dell'UNITALSI pavese, mi si rivolse per chiedere se c’erano
Rovers del mio Gruppo che volevano prestar servizio come
barellieri in un imminente viaggio a Lourdes e, dato il periodo
estivo, era scarso di personale.
A casa di rover disponibili ce n’erano pochi ed alla fine demmo
la nostra adesione io ed il mio aiuto Capo Branco, il rag. Oscar
Temi.
Se non è Dio in persona è qualche suo angelo, magari custode,
che guida le nostre azioni.
Fu qualcosa di indimenticabile: lavorammo dal mattino alla sera
tardi per tre giorni, senza tregua, a trasportare i nostri 103
malati sulle barelle per le varie funzioni, mangiavamo in una
trattoria e Oscar sapeva un pò di francese così che si poteva
scambiare qualche parola con la cameriera.
Il secondo giorno, essa ci presentò una giovane coppia vestita
alla tirolese (lui coi calzoncini di pelle corti e lei con una
magnifica gonna ricca di paesaggi ricamati) dicendoci che, per
non far brutta figura, avrebbero gradito che facessimo loro da
testimoni per le nozze, che intendevano celebrare a Lourdes, in
quanto eravamo gli unici che avevan visto che indossavano, come
loro, i...calzoni corti.
La considerammo una “Buona Azione” e, volendo dar loro un dono
di nozze, ci privammo dei nostri foulard di Gruppo, su cui la
cameriera cucì i distintivi, e li donammo agli sposi.
Sostituimmo i foulard con tovaglioli bianchi e diventammo... i
famosi foulard bianchi di Lourdes!!.
Quel giorno Lourdes fu pervasa dall’emozione, si parlava di un
miracolo: i nostri malati tremavano nei loro letti, ma una
nostra giovane di 24 anni era morta al mattino...
Quella sera andammo alla grotta a chiedere alla Madonna qualcosa
anche per i nostri malati: la sgridammo, a dire il vero, perchè
ci aveva portato via una giovane ed un altra malata era in
agonia.
L’indomani era il terzo ed ultimo giorno: noi due eravamo di
servizio alla vasca coperta, quella in cui l’acqua non
diminuisce mai, quella in cui vi passano migliaia di malati
d’ogni tipo ma che, ad ogni esame medico, si presenta
batteriologicamente pura.
Verso le tre del pomeriggio, dalla porta che dà sul piazzale,
uscì una donna sorretta da altre due: era una delle nostre
malate, ma le donne che l’accompagnavano gridavano “miracolo!
miracolo!”.
Oscar corse a cercare il dottore che accompagnava la nostra
comitiva mentre io recuperavo una carrozzella e, seguito da
copiosa moltitudine la spinsi fino all’ospedale che ospitava i
nostri invalidi e la consegnai al dottore che nel frattempo era
stato avvisato e che, con voce severa, ammoniva i malati a letto
che si agitavano, di starsene tranquilli.
In breve: era una donna sui cinquant’anni, proveniente da
Brugherio, che aveva voluto venire ad ogni costo a Lourdes anche
se in stato comatoso ed i suoi parenti l’avevano
consegnata con la clausola che, se moriva a Lourdes, fosse
sepolta nel locale cimitero.
Respirava appena quando fu immersa nella vasca... usci con le
sue gambe, anche se ancora malferme per lo sbigottimento. Noi
tornammo alla grotta a piangere di gioia.
La contessa Borromeo che seguiva (e aveva finanziato) questo
mesto pellegrinaggio, le diede una sua vestaglia, aiutandola a
camminare nel vagone perchè acquistasse forza e sicurezza.
Perchè la donna non aveva nulla con sè se non la camicia da
notte! !
A Pavia, ritornando, l’abbracciammo alla stazione e la baciammo
pensando che in lei ci fosse rimasto qualcosa... della
Madonna... ma certamente qualcosa rimase nei nostri cuori.
Don Luigi, l’anno dopo, ci disse che l’aveva riportata a Lourdes
per la verifica della sua guarigione.
Ai primi d’ottobre si ebbe la ripresa delle attività a tutto
campo. Io lasciavo il Branco ad Oscar e agli aiuti perchè si
facessero le ossa ed in verità non avemmo mai un grosso Branco
ma ci stabilizzammo sui 18/20 lupetti ed è veramente questo il
numero giusto, vicino a quello consigliato da B.P. perchè si
possono conoscere meglio, ad uno ad uno, tutti i ragazzini che
ci sono affidati.
In campo regionale proseguivo la collaborazione al “Giornalino
Regionale del Branco del Lago” e quindi di “Waingunga” miranti a
soddisfare le esigenze tecniche e formative dei Vecchi Lupi del
Lago.
Partecipai anche al Campo scuola di Colico per Capi Branco in
questi anni di Incarico Regionale.
Dal vescovado però ci giunse una dolente nota: i locali
sotterranei che erano la nostra sede, erano stati ceduti ad una
Società che ne avrebbe ricavato un Cinema.
La nostra Tana! Era stata tutta decorata con disegni della
giungla, con il Sambhur che si abbevera al ruscello...
una, due, poi ancor...con l’angolo delle Bandar, il temuto
angolo in cui andava chi non giocava con lealtà, diceva
parolacce o litigava...capitava di rado ma poteva capitare...e
stare con la faccia al muro di fronte alle scimmie...
Dovevamo raccogliere le nostre cose, il nostro armadio, i nostri
seggiolini a forma di testa di lupo, l’angolo del Totem, i
fiori, gli striscioni...
Mi ero seduto al tavolo pensieroso: entrò un lupetto, mi venne
accanto, mi dette un bacio, poi scappò via...
Non faccio commenti, ma mi passò istantaneamente ogni forma di
tristezza e di preoccupazione.
Mi recai alla sede del Gruppo, in Corso Mazzini: c’erano i Capi,
c’era Don Luigi Gandini. Lessi la lettera di sfratto. Don Luigi
si guardò attorno (ma l’aveva già guardata altre volte) e mirò
una porta chiusa nell’angolo destro del salone, sede del
Riparto.
‘‘Cosa ci sarà di là ? ”
disse, e, con una spallata aprì la porta.
C’era un’altra sala, più piccola della sede scout ma abbastanza
capace e completamente vuota.
“Ecco la nuova tana” mi disse..
“Ma... ” - “Nessun ma, se vi saranno reclami dite di rivolgersi
a me... ” -
Ed il Branco ebbe la tana nuova per il nuovo Akela, cioè Oscar,
pur rimanendogli io a fianco per ogni evenienza.
Una cosa importante va qui sottolineata e cioè quella di vedere
guidare il Branco in un modo diverso dal nostro consueto. Oscar
era robusto nel corpo e nella voce, schietto e ridente,
autoritario ma giogattone.
A me scocciavano certe sue sgridate al Branco: la forza vera di
un Capo non consiste nel gridare... ed è anche quella di non
intervenire in certi casi ma lasciare che ciascuno esprima la
propria personalità. A parte, poi, potremo esternare le nostre
osservazioni, con prudenza e col sorriso.
Alla fine osservai che il Branco, conosciutone il carattere, lo
aveva accettato così com’era, “gelava” quando alzava la voce ma
si buttava gioiosamente nel gioco quando lui ve li trascinava
...con impeto
Poi, il 9 dicembre, venne in visita alla Certosa e quindi a
Pavia, il numeroso Branco del Como 1° col quale il mio Branco
(lo chiamo sempre il “mio” perchè, per quanto potevo lo seguivo
da vicino pronto a dare una mano se occorreva) giocò nel cortile
del castello visconteo, dopo una visita alla città svolta come
una caccia ai...tesori artistici.
Il 1952 iniziò con la inondazione del Po: il Gruppo al completo
(meno i lupetti purtroppo), con Don Gandini, fecero la spola tra
la città e le località del Po colpite dall’alluvione a portare
coperte, viveri e medicinali.
Il 19 marzo, festa di San Giuseppe, che allora era giorno di
vacanza per le scuole e di precetto per la Chiesa, il Branco si
portò a Melegnano per una “grande Caccia” mentre
Il 18 maggio venne accolto a Pavia il Branco Galliate 1° (NO),
guidato da un anziano Capo Branco, padre di famiglia con diversi
figli, esempio mirabile di dedizione al Movimento. Non ricordo
il nome.
Nel cortile dell’Istituto Artigianelli, presenti i genitori, si
svolse il “Circo BUM” con danze, salti, capriole, segnalazioni e
mimiche.
Attività sempre più intensa: con accantonamento, dal 30 maggio/1
giugno portai il Branco a Melegnano, ospiti di quel Branco, per
le Olimpiadi lupetto nell’ambito della famosa zona Adda -
Ticino, per le gare che si svolsero tra i Branchi di Pavia, Lodi
e Crema.
Le gare erano molto semplici: salto in alto, salto in lungo,
corsa veloce, 10 tiri di mira.
Intervallate da giochi d’insieme: gareggiare sì, ma
fraternamente: voler vincere ma saper perdere.
Il 15 giugno, termine delle lezioni scolastiche, passai al
Riparto, anticipatamente perchè di solito i passaggi da
Branco a Riparto si eseguivano all’apertura dell’anno scout ad
ottobre, quei miei cinque lupetti che erano stati le basi del
Branco e che potevano, anche subito, partecipare al Campo estivo
del Riparto, senza foulard, come si usava allora.
(In seguito feci accettare che i lupi che passavano al Riparto
portassero un foulard bianco mentre i novizi esterni non ne
portassero affatto) perchè i Lupetti facevano già parte della
Associazione ed erano tecnicamente preparati.
Io accenno ad attività ed incontri come se le eseguissi di
persona ma spesso mi limitavo ad affiancare a “dare una mano”
perchè i giovani nuovi Akela si facessero le ossa e lavorassero
con tranquillità sentendosi vicino chi poteva dar loro una mano
o, se in necessità , anche sostituirli.
Nell’estate partecipai al Campo Estivo del Riparto a Fraciscio
di Campodolcino (Sondrio), insieme a Chiodaroli (di Lodi), a
Ciceri (di Como) ed al nuovo Assistente, Don Giuseppe Ubicini,
che per molti anni seguì le vicende di Gruppo Pavia 1° e, avendo
un anno meno di me, era “sotto la mia tutela!”
Don Giuseppe seguì diversi Campi estivi e, anni dopo, quando
diventò Parroco a San Salvatore e, quando il Riparto dovette
abbandonare la Sede di Via Langosco, egli ospitò il Gruppo Pavia
1° e quindi anche il Gruppo Pavia IV° in locali parrocchiali.
Io ebbi anche alcuni giorni di ferie arretrati ma, non avendo la
possibilità di organizzare in proprio le vacanze di Branco,
accolsi l’invito fattomi dai galliatesi ed andai al Monte Mesma
dove le svolgeva appunto il Branco di Galliate (NO) passando con
quei simpatici lupacchiotti giornate meravigliose.
Ma in famiglia vi erano complicazioni: non sto a descriverle ma
compresi che il primo dovere era verso i miei cari e ciò mi
spinse a cedere la mia attività di Incaricato regionale Lupetti
al carissimo maestro Lino Breviglieri .
Fine
sesta puntata (luglio 2015) - continua
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